lunedì 6 febbraio 2012

LA MANTIDE DECAPITATA (frammento)


(La terrificante confessione di un giovane serial killer)

Assaporai il primo piacere del crimine per curiosità: strozzai un gattino nato da pochi giorni. Non era stato difficile: solo una breve pressione delle dita su quel collo semi-spelacchiato e fragilissimo. La sensazione che provai quando mi trovai tra le mani la carcassa del micetto fu stranissima: il sangue mi scorreva fervidamente nelle vene; mi sentivo euforico, eccitato: per la prima volta provavo quell’appagante sensazione di sentirmi invincibile; nulla ormai poteva essermi negato, se volevo imporre il mio volere. «Voglio uccidere questo micetto!» avevo pensato, e con estrema facilità avevo realizzato impunemente quel desiderio. Quando andai a gettare il corpicino inerte della creatura nella spazzatura, capii che quello sarebbe stato il primo crimine di una serie. Era come se avessi aperto la porta di una stanza prima segreta e potessi afferrare tra le mani qualsiasi cianfrusaglia sparsa negli angoli, per poi scagliarla al suolo e romperla. Ben presto divenni un sistematico piccolo uccisore: ammazzavo rane e rospi calpestandoli fortissimamente con la suola dei mocassini (ma smisi, poiché i rospi, spiaccicandosi, mi imbrattavano il lembo inferiore dei pantaloni); staccavo le teste alle immote mantidi religiose, che ai miei occhi esperti non riuscivano a mimetizzarsi del tutto nell’erba alta ondeggiante alla brezza; facevo a pezzi i ragni che mi capitavano sotto tiro, amavo staccare le zampette a quelli fini e conficcare spilli nel dorso peloso di quelli più grossi; se riuscivo a catturare un uccellino gli aprivo il becco fino a romperglielo; tagliavo la coda alle lucertole e se ci riuscivo facevo a pezzi con un coltello rubato dalla cucina il loro corpicino scattante. Il desiderio di fare del male non si estingueva mai, ma aumentava dopo ogni atto appena commesso: ero come afferrato da una febbre incontrollabile di schiacciare, colpire, fare a pezzi, squartare, rompere e questa brama voluttuosa cresceva di giorno in giorno.
Arrivò il momento nel quale m’innamorai di una ragazzina, che andava spesso vicino al fiume a raccogliere fiori o semplicemente a passeggiare seguita dal suo gatto nero con la coda tesa: feci amicizia con lei, ma quando cercai di instaurare un rapporto più intimo lei si ritrasse inorridita. Qui devo ammettere che fui afferrato di nuovo da quella sensazione che mi aveva agitato quando avevo compiuto del male: sentivo crescere in me un irresistibile desiderio di dominio. Diedi uno schiaffo alla ragazza, la strattonai e la feci cadere al suolo; la imbavagliai con un fazzoletto per impedirle di gridare; le sue pupille erano dilatate per la paura; quanto più cresceva la paura negli occhi della ragazza tanto più cresceva nel mio cuore la brama voluttuosa di farle del male, di soggiogarla, dominarla con la forza. Lei si divincolava: io la riempii di calci e pugni, sputandole persino nella camicetta di seta bianca, che presto strappai per scoprire i piccoli seni, turgidi come due mele acerbe. Per la prima volta abusai del corpo di una ragazza e fu l’atto più euforizzante che avessi mai compiuto prima d’ora: lei era svenuta a più riprese, io le avevo tolto il fazzoletto, lei destatasi d’un tratto mi minacciò, disse che mi avrebbe denunciato e che sarei finito in un riformatorio, dopo essere stato aspramente punito. Per la prima volta provai paura per le conseguenze dei miei atti: nessuno prima d’ora mi aveva detto una cosa simile dopo che avevo strozzato un gattino o decapitato una mantide. La paura mi soverchiò completamente: afferrai un sasso e colpii la ragazza nel volto, ripetutamente, finché non si mosse più; allora gettai il suo corpo nel fiume e fuggii. Mi sentivo braccato, colpevole, avevo commesso un vero crimine, ora. Ma che ebbrezza nel compiere quell’atto! Che sensazione di potenza assoluta! Eppure ora quanti timori! Quante preoccupazioni! La notte non dormii ripensando a ciò che aveva commesso. Ma desideravo provare di nuovo quella meravigliosa sensazione di togliere la vita a una creatura umana, come un piccolo dio, come un padrone dalla volontà infinita, al di là del bene e del male.

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