Aveva le esili braccia così abbronzate! Sentii l’impulso di
correrle accanto e parlarle, confessarle quanto fosse pericoloso starsene lì da
sola. Ma credo che me ne andai. Percorsi a ritroso il sentiero. Ma a metà strada, nel terriccio
o nella ghiaia, rinvenni un peluche... un tigrotto giallo con un nastro rosa
con su scritto Rebecca... era un po’ sporco... era un po’ umido... come se
fosse stato ripescato dal fiume e messo lì ad asciugare... ma l’aveste visto!
Gli occhi mi fissavano tristi e rabbiosi, un ebete sorriso gli increspava il
faccione... doveva essere della ragazzina, ma d’un tratto ebbi paura di
restituirglielo... io con la mia barbetta incolta, i miei umidi vestiti indosso
e con il ‘suo’ peluche in mano, temevo che sarebbe scappata o avrebbe gridato... e
inoltre ora forse era già andata via... sembrava essere trascorsa
mezz’ora... e avevo
la camicia zuppa di sudore, sembrava acqua e avevo le scarpe con filamenti
d’alga. Allora rincasai, ero sporco, mi pulii, ripulii il ‘mio’ peluche. Pensai
di tenerlo in camera. Quella sera accadde qualcosa. Posai il peluche sul mio
comodino, accanto alle foto dei miei genitori, poi abbassai le cornici e lo
posai sopra, aveva ancora le natiche bagnate, lo contemplai prima di coricarmi,
aveva il viso rivolto verso il mio guanciale, lo rivolsi verso l’armadio a
specchio di fronte al mio letto, ma anche da lì mi guardava, spensi l’abat-jour, mi rigiravo tra le lenzuola, sentivo
spine, sudavo, era luglio, percepivo il volicchiare delle zanzare accanto ai
padiglioni tesi delle mie orecchie, infine caddi in un deliquio dal quale spesso mi
ridestavo in preda a strani sogni, credo, forse, sognai il peluche, la
ragazzina, i miei genitori, i giunchi, sognai i giorni di mercato, di nuovo la
ragazzina, la tartaruga, il fiume, l’acqua... mi destai, credo che fosse
l’alba. Andai in città, vicino al mare. Comprai due o tre giornali... comprai
delle riviste pornografiche, amavo ritagliare le foto migliori e appiccicarle
dietro le ante del mio armadio a specchi, ecco le mie amanti! ero turbato non
avevo dormito granché mi ricordai del peluche era ancora sul comodino dovevo
toglierlo era sopra i miei genitori sporco non mi aveva fatto dormire era stato
lui lo sento uno strano influsso io credo a questi legami celati tra le cose in
quel momento il peluche mi stava telepaticamente esortando a riporlo dove lo
avevo trovato l’edicolante mi fissava oh scusi ecco tenga il resto la selva
delle riviste la sterpaglia le lame d’acqua fluviale le alghe come capelli di
ragazzina certo tutto era legato la ghiaia la ruggine della panchina le natiche
il sederino del peluche sopra i miei genitori credo che tornai a casa in fretta
non lessi neanche i titoli dei giornali due nazionali e uno locale scorsi con
la coda dell’occhio è stata ritrovata nella foce del ma corsi in camera afferrai
il peluche uscii di corsa fuori c’erano dei pick-up Toyota forse cacciatori
vengono a gruppi nutriti in fin dei conti si divertono a sparare a dei
passerotti avanzai trafelato pel sentiero la ghiaia la sterpaglia le serpi la
mia madonnina la panchina i giunchi ecco il punto dove lo trovai ora lo rimetto
qui e fuggo via lontano ma delle mani pingui e indagatrici si posano sulle mie
spalle mi fissano mi fanno domande prendono il peluche mi spintonano mi
ammanettano io non so nulla di tutta questa faccenda e la ragazzina mi urlano
sì l’ho vista ieri con una tartaruga e dopo non so lei era lì io ero lì
titubavo volevo conoscerla ma poi sono tornato indietro dopo mezz’ora nel
frattempo non so davvero avrò vagolato per i canneti mi piace molto osservare
le libellule che si posano sugli steli ma non m’ascoltano dicono che la ragazza
è stata trovata nella foce del fiume annegata piena di lividi ci sono i massi
che costellano il fiume irti come lame avrà sbattuto la nuca si sarà tuffata sa
le fanno simili scommesse tra amici che c’entro io m’indicano il peluche lo
sequestrano dico che abito lì vicino mi perquisiscono la casa un tizio fa
cadere accidentalmente i quadri dei miei genitori al suolo e mettono tutto a
soqquadro trovano un sasso sotto il lavabo del bagno mi sequestrano i diari
l’unico mio patrimonio sempre la stessa frase ripetuta e il cielo era pieno di
cirri epatici e mi accusano e viene a trovarmi in cella un avvocato e lui mi dice
che mi conviene confessare dice che dicono che sono un uomo strano burbero
cattivo ci si appiglierà forse all’esito della perizia psichiatrica io io io
non so le ho solo parlato mi sono avvicinato con un sasso aguzzo nella mano
sinistra dietro la schiena e le ho detto che una volta avevo sognato d’essere
una tartaruga ma che ero con la corazza in giù e mi dondolavo con le rugose
zampine annaspanti ed era un incubo e lei e lei ha riso mi ha riso in faccia la
zoccoletta e il lucore di quei dentini bianchi come la gonnellina a pieghe
verticali e il suo capo chino come la madonnina e quelle braccia esili e le
spalle la colpii una due tre volte con il sasso aguzzo nel cranio era leggera
la sollevai come una bambola di pezza non pesava nulla e la gettai nel fiume e
la gonnellina svolazzava in aria come una colomba e si tuffava come un’orca dal
ventre bianchissimo bianchissimo!
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