sabato 11 febbraio 2012

LA VALIGIA (seconda parte)


(Dagli appunti di un'agenda) 
Credevo di aver chiuso i conti con il mio passato, ma questi risuscita più forte di prima e non mi lascia in pace. Non si tratta di rimorso, tutt’altro, io non ho mai sofferto di rimorsi, queste cose accadono solo nei romanzi o in certi film pallosi. Si tratta però di paura: potrebbero ancora darmi la caccia. Avevo ormai messo la testa a posto, la mia attività andava a gonfie vele, non avevo motivo di preoccuparmi; nel tempo mi sono creato delle connivenze, delle amicizie influenti, non è vero che qui sono tutti incorruttibili, bisogna saper scegliere i referenti giusti. Sono dieci anni che mi occupo di tratta delle bianche, per lo più adescate a Buenos Aires e a Montevideo; le mie ragazze col tempo finiscono per amarmi, poiché io so premiare il talento e il sacrificio. Teresa era la mia favorita, è vero, l’ho fatta venire in Spagna ingannandola, come con tutte le altre, l’inizio per lei era stato traumatico, nel Raval, insieme a quelle grasse nigeriane che non ti lasciano mai in pace e agli spacciatori algerini, ma poi si era abituata e si era pure presa una cotta per me. Cominciavo ad apprezzarla (amarla sarebbe una parola troppo grossa). Era un idillio, la puttana e il suo pappone, come due fidanzatini. Ma lei ha avuto l’ardire di sbirciare all’interno di quella valigia, credevo che fosse chiusa a chiave, si vede che ha scoperto la combinazione, sono un cretino, la data di nascita è il codice più scontato che ci sia, è vero, è stata tutta colpa mia. Teresa non doveva aprire quella valigia, che racchiude la mia identità, il mio passato. È colpa mia, sono un conservatore, avrei dovuto bruciarla quella roba. Insomma lei ha frugato lì ed è rimasta sconvolta. Il fatto è che Teresa, nata a Rosario, ha una fottuta amica di trentacinque anni, Beatriz, che le ha fatto una testa così con tutta quella storia degli anni Settanta, la repressione, i cattivi, perché lei è figlia di una desaparecida. Come se i cattivi fossimo stati solo noi! Ne conosco alcuni di idealisti bombaroli che oggi vivono tranquilli sulla Costa Brava! Il fatto è che non ho calcolato l’impatto delle foto. Ne scattavo molte, erano un trofeo per me. Con la mia squadra, un gruppo affiliato alla Triple A, ne abbiamo ammazzati una ventina. In quei tempi il sangue mi scorreva davvero per le vene. Quei fottuti terroristi piazzavano le bombe o sequestravano qualche povero diavolo, ma noi eliminavamo le persone seguendo una rigorosa lista. Eravamo dei professionisti, noi, mica dei guerriglieri! Poi arrivò il golpe del ’76, entrai a far parte delle squadre paramilitari che entravano nelle case di notte, mettendo tutto a soqquadro, ma io volli partecipare alle sedute medievali nei Centri Clandestini di Detenzione, dove s’interrogava e si torturava. Venne il tempo delle scosse elettriche nei seni e nelle vagine. Uno psicanalista l’aveva detto a mia madre che avevo pulsioni sadiche latenti. Se solo avesse saputo la carriera che poi avrei intrapreso! Insomma, Teresa non ha retto alle foto, ha forse letto anche le mie agende; lì annotavo tutto meticolosamente: gli episodi, le tecniche, le nostre pratiche inquisitorie. E quindi voleva denunciarmi. Immaginate il terrore che m’è preso. Si tratta di delitti ancora processabili: qui in Spagna c’è un fottuto giudice che per mania di protagonismo s’è occupato della questione. C’è l’estradizione, e poi chi le sopporta laggiù quelle vecchie bacucche delle madri, che rompono le scatole da trent’anni! Bei tipini i loro figlioli, utopisti del cazzo con i fucili e le bombe a mano. Io non mi pento mica di ciò che ho fatto. Forse a un certo punto abbiamo esagerato, lo ammetto, la situazione ci è sfuggita di mano, ma d’altronde non abbiamo iniziato noi. Teresa, non dovevi sbirciare in quella valigia, tu sei solo una povera puttana, non ti dovevi impicciare di questioni politiche. Non provo rimorso, ma fastidio: lei mi piaceva, era scaltra, non doveva finire così tra noi due. Ora mi toccherà distruggere quella valigia, le foto, le agende, i miei ricordi, la mia vita. E pensare che tutte quelle cianfrusaglie avrebbero potuto far comodo a qualche barboso storico di quegli anni... Ingrati! Ora sarà meglio che smetta, anzi...  bussano alla porta, spero che non siano i Mossos, la galera me la faccio, basta che non tirino fuori quelle vecchie storie. Il passato è così evanescente che più è torbido e più dura nella mente... bussano... sfondano... devo bruciare quella valigia... dov’è finita la mia valigia!!

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